mercoledì 29 giugno 2011

In America fa camminare i paraplegici, ma in Italia è disoccupato


“Ho contribuito anch’io al primo esperimento al mondo che è riuscito a far camminare di nuovo unparaplegico, ma oggi per il mio paese sono soltanto uno dei tanti ricercatori a spasso”. E’ amareggiato il trentenne Enrico Rejc, l’unico italiano nel team americano che ha compiuto un vero e proprio miracolo su Rob Summers, 26enne dell’Oregon bloccato su una sedie a rotelle da cinque anni.
Il progetto a cui ha preso parte Rejc probabilmente finirà negli annali della medicina: non era mai successo di riuscire “ricollegare” il cervello alla spina dorsale che ha subito una lesione permanente. “Noi ci siamo riusciti – racconta il ricercatore – e se voglio continuare a lavorare serenamente su questo filone di ricerca non mi resta che fare le valigie e trasferirmi definitivamente negli Stati Uniti”.
Il contributo del ricercatore italiano al progetto è stato frutto di un “prestito”. Grazie a una borsa di dottorato all’Università degli Studi di Udine, Rejc è andato prima a Los Angeles e poi aLousville a lavorare fianco a fianco con Susan Harkema e Reggie Edgerton, i due scienziati che hanno coordinato lo studio pubblicato sulla rivista Lancet.
“E’ stata un’esperienza straordinaria. Siamo riusciti a dimostrare – racconta –  che con lastimolazione elettrica epidurale è possibile riattivare i circuiti spinali che controllano la postura e il movimento, che non sono più collegati al cervello a causa della lesione”. In questo modo, la parte “intelligente” del midollo spinale è in grado di utilizzare le informazioni sensoriali periferiche per  controllare autonomamente l’attività muscolare. “E’ stato incredibile – riferisce Rejc – vedere il giovane Rob che si alzava da quella sedia a rotelle a cui è stato condannato nel 2006 quando un pirata della strada lo investì e fuggì via”. Il nostro ricercatore è stato lì tutto il tempo necessario per vedere con i suoi occhi quei miracolosi passi incerti compiuti da Rob. “Un lavoro molto duro – racconta – Prima l’impianto chirurgico di 16 elettrodi nella zona lombosacrale sulla spina dorsale di Rob, dopo 70 lunghissime sessioni di allenamento. Ma ne è valsa la pena: vedere Rob alzarsi è stato molto emozionante”. Peccato che ora l’avventura di Rejc sembra essere arrivata al capolinea. Con la borsa di studio scaduta, per lui non sembra proprio esserci posto nelle università o negli enti di ricerca italiani.
“Sono da gennaio – racconta – che aspetto un segnale, ma ancora niente. Questo è uno dei primi effetti concreti della riforma Gelmini. Un provvedimento ipocrita che, alzando le soglie minime per gli assegni di ricerca e la loro durata minima, senza affiancare dei finanziamenti adeguati, ha di fatto reso quasi impossibile per le università, già in crisi, di far lavorare un ricercatore, anche per brevi periodi”.
Fare un biglietto di sola andata fuori dall’Italia sembra proprio l’unica alternativa, ma Rejc è uno di quei cervelli molto legati alla sua terra. Nato e cresciuto a Gorizia, sogna di formare una famiglia nel suo paese. “Quando penso al mio futuro – dice – mi piace immaginare di poter crescere i miei figli qua. Mi sembra di tradire il mio paese andando via. E’ qui che sono cresciuto, è qui che ho la mia famiglia e gli amici ed è qui che vorrei mettere a disposizione tutto quello che ho imparato e che continuerò ad imparare”. In effetti, il ricercatore italiano non si può di certo definire un membro passivo della comunità. Anzi tra una laurea in Scienze Motorie e una specializzazione inScienza dello Sport, Enrico ha portato la sua scienza nei centri sportivi.  Sì, perché il primo amore di Rejc è stato proprio lo sport: dalla pallacanestro al calcio fino alla pallavolo. Ed è proprio al volley che ha dedicato la sua conoscenza offrendo consulenze scientifiche a squadre di serie A. “Il mio compito – spiega il ricercatore – è quello di ‘fotografare’ gli atleti, sfruttando anche strumenti d’avanguardia, per trovarne i punti deboli e i punti forti. In base ai risultati dei test a cui vengono sottoposti si possono disegnare ‘allenamenti’ su misura per ogni atleta, prevenendo gli infortuni e migliorando le prestazioni”.
Gli interessi scientifici di Rejc sono davvero molto vasti. “Da un lato mi piace esplorare le prospettive di cura – dice – per i pazienti che hanno difficoltà motorie. Oltre ad aver partecipato al progetto americano, nel 2004 ho svolto a Manchester alcune ricerche sul controllo muscolare nelle persone anziane, quelle più esposte al rischio cadute. Dall’altro lato ho ancora una forte passione per lo sport, su cui ho focalizzato i miei studi”.
Certo, è una sfida stimolante quella di ritornare negli Stati Uniti e inseguire lo stesso sogno diDane Reeve, l’attore che diede il volto a Superman, e che fino al 2004, l’anno in cui morì, lottò con tutte le sue forze per superare la paralisi che lo colpì nel ’95 dopo una caduta da cavallo.
L’associazione che porta il nome dell’attore ha sostenuto e sostiene ancora attivamente gli studi sulla stimolazione elettrica del midollo spinale. “Ma poterlo fare nel mio paese – dice Rejc – mi riempirebbe d’orgoglio”. Conclude ironicamente: “e poi dopo il lavoro a me piace girare in moto e con il traffico delle metropoli americane è impossibile guidare con tranquillità”.
di Valentina Arcovio – Pianeta Scienza

mercoledì 30 marzo 2011

Banale ma vero..

Oggi ho voglia di dire una banalità.. La vita non è come la si vede nei film,se fosse così sarebbe tutto più semplice più bello e forse più giusto. Il lieto fine non sempre esiste nella vita reale,le tegolate ed i bocconi amari da mandare giu non mancano,anzi!
Insomma certe volte vorrei vivere in una serie tv,o ancora meglio vorrei fare come Tom Cruise in ''Vanilla Sky''.. Vivere in un perenne sogno,un mondo onirico dove tutto è perfetto e dove ogni desiderio e progetto si realizza nel migliore dei modi possibile. Ma cazzo! Un mondo così non esiste,e quando ritorno coi piedi per terra non posso che ricominciare a sgomitare per non svanire sotto le innumerevoli palate di merda che la vita quotidiana ti riserva,sotto i colpi e le legnate che inevitabilmente prenderai qualsiasi scelta tu faccia.. Mi tocca ricominciare a mangiare polvere per ogni dannata piccola conquista,fallire nei miei progetti rialzarmi e cadere ancora per poi ricomiciare all'infinito.
Certi momenti perdo la mia forza e mi ritrovo debole e spaesato,con la voglia di addormentarmi e sparire per giorni.
E mi sento dannatamente solo nonostante abbia gente e amici intorno.
Per quanto io mi sforzi di inpedirlo,questi momenti arrivano,come uragani sconvolgono il mio mondo per poi svanire come se tutto fosse stato solo un brutto sogno;ed io non posso fare altro che raccogliere le mie forze e ricominciare fino alla prossima tempesta. Tutto questo discorso lo faccio non perché io sia un depresso nichilista del cavolo,semplicemente perché sono pensieri ricorrenti che faccio e anche se in parte ci sbatto continuamente il muso,allo stesso tempo mi spronano a migliorarmi e ad andare avanti fregandomene delle possibili e talvolta probabile sconfitte che dovrò accettare prima di riuscire in quello che desidero fare,dal completare la tesi per la laurea al cercare un lavoro che possa andar bene per me e che possa sostenere le mie future esigenze.
Questi pensieri dovrebbero abbattermi ed invece sono proprio tali paranoie il mio carburante,a volte sono convinto che se pensassi di meno potrei essere più sereno e felice,ma farsi delle domande e cercare delle domande per me(come per tutti quelli che non si accontentano della superfice delle cose)è fisiologico. In attesa di sfidare la prossima burrasca vi saluto e vi do appuntamento al prossimo sfogo della mia ordinaria follia. Buona vita a tutti!

venerdì 24 dicembre 2010

Dedicato a.......


Ho deciso di dedicare questo post ad un persona a cui tengo molto,anzi moltissimo.. una persona che per me è davvero importante. Non dirò a chi mi riferisco perché la persona in questione capirà,non so se faccio bene oppure no ma ho un immensa voglia di scrivere le seguenti righe e dedicarle a chi reputo parte del mio presente,ad una persona che considero assolutamente speciale.

Ti dedico questo post perché:

-Quando sono in tua compagnia il tempo vola e vorrei poterlo rallentare,far diventare le ore settimane.

-La tua presenza è la miglior medicina per il mio malumore e per i miei momenti tristi e scuri

-Con te mi sento veramente libero di essere me stesso.

-Un tuo messaggio aggiusta qualsiasi giornata storta,mi fa sentire bene e mi da la spinta per affrontare qualsiasi problema.

-Dopo una serata passata in tua compagnia sono felice e vado a dormire col sorriso.

-Dopo mezz'ora che stiamo al telefono e ci salutiamo,vorrei richiamarti e stare a chiacchierare un altra ora intera.

-Ogni tuo sorriso è una scarica di benessere per me,e non riesco a trovare nulla di altrettanto bello.

Non so cosa penserai leggendo questo post,non so se mi troverai fuori luogo od inopportuno,invadente o quant'altro.. non so se ti piacerà quanto ho scritto.
Ancora una volta mi chiedo se ho fatto bene a fare queste esternazioni ma non riuscivo a tenerle dentro,avrei potuto dire tutto ciò di persona ma in questo mio mondo virtuale e con il mio alter-ego di blogger mi sento più al sicuro.

Ora mi sento un pò stupido ma più leggero.

lunedì 13 dicembre 2010

Due anni al fianco di Daniele: I successi del fondo Amanti

A quasi due anni dall'inizio della sua battaglia,Fabio Amanti,padre di Daniele,bambino affetto dalla Distrofia Muscolare di Duchenne,ha già raggiunto un primo grande traguardo:oltre 450.000 euro raccolti ad oggi,e due importanti progetti di ricerca e sperimentazione finanziati,ed avviati.
Ma andiamo con ordine. Il fondo ''Daniele Amanti'' è stato istituito agli inizi del 2009,con lo scopo di raccogliere fondi e risorse da impiegare nella ricerca sulle distrofie muscolari,in particolar modo sulle forme meno comuni. E' questo il caso del piccolo Daniele,un bellissimo bambino di tre anni,a cui è stata diagnosticata a soli sei mesi di vita una forma molto rara di Distrofia di Duchenne.
La distrofia muscolare è una malattia ad andamento progressivo,causata da un difetto genetico che impedisce,o inibisce a seconda dei casi,la produzione di distrofina,una proteina senza la quale i muscoli sono destinati a indebolirsi sempre più;gradualmente chi ne è affetto perde l'uso degli arti,prima inferiori e poi superiori,per poi andare in contro ad una serie di problemi respiratori e talvolta cardiaci,molto spesso fatali.
Nel caso di Daniele,la mutazione nel suo gene della distrofina è molto rara,e tutt'ora poco conosciuta,tanto che il suo sembrerebbe un caso unico al mondo:di conseguenza gli esperti ed i ricercatori necessitano di nuovi progetti,e soprattutto delle risorse necessarie ad avviarli,finanziarli ed ovviamente portarli a termine.
Nella lotta contro questa temibile malattia,Fabio Amanti è stato sostenuto da Parent Project,associazione onlus che,da sempre in prima linea,sostiene la ricerca e soprattutto i familiari dei distrofici,promuovendo raccolte fondi ed iniziative divulgative,oltre che medico-scientifiche.
Il fondo ''Daniele Amanti'',sostenuto appunto dal Parent Project,di cui il papà di Daniele fa parte,dopo quasi due anni ha raggiunto importanti traguardi:grazie all'impegno di oltre 20.000 sostenitori,all'aiuto di testimonial d'eccezione come Luca Ward e Giammarco Tognazzi,e grazie alle vendite del libro,scritto da Cinzia Lacalamita e edito da Aliberti Editore,''Daniele,storia di un bambino che spera'',il fondo ha raccolto ad oggi la cifra di 453.000 euro ed ha avviato ben due nuovi,e rivoluzionari,progetti di ricerca.
Il primo,avviato nel settembre scorso,si avvale della collaborazione del Dottor Giulio Cossu,che assieme ad un gruppo di ricercatori giapponesi della Tottori University,ha dato il via,presso la Divisione di Medicina Rigenerativa del San Raffaele di Milano,ad uno studio della durata di tre anni e dal costo di 280.000 euro,con un obbiettivo semplice ma ambizioso:la creazione di un cromosoma artificiale in grado di correggere il gene difettoso,responsabile dello scompenso nella produzione di distrofina. Il tutto grazie ad un trapianto autologo-cioè senza donatore e quindi tramite il paziente stesso-di cellule staminali;per ora si sta studiando la possibilità di applicare tale tecnologia sui topi,ma secondo il Dottor Cossu entro sei o sette anni sarà possibile iniziare la sperimentazione umana.
Il secondo progetto infine,anch'esso finanziato da Parent Project,attraverso il fondo Amanti,consiste in un mini-trial clinico dal costo di 35.000 euro,condotto presso l'UOC di Neurologia e Malattie Neuro-muscolari del Policlinico ''G.Martino'' di Messina,con lo scopo di testare,e studiare azioni,ed eventuali effetti positivi,di un integratore derivato dalla soia.
Lo studio sarà avviato nei primi mesi del 2011, e coinvolgerà 15 bambini deambulanti con diagnosi di Distrofia di Duchenne.




Luca Annecchino 13-12-10


martedì 15 giugno 2010

Un errore molto comune

Nell'immaginario collettivo un disabile che fa sesso o ha una relazione è qualcosa di strano,un tabù,una stranezza che fa cascare la gente dalle nuvole,visto che molti pensano che un disabile non abbia bisogno di ricevere un pò di affetto che non sia quello di amici familiari o assistenti,e molti altri ancora pensano che il bisogno di appagamento sessuale non sia importante per noi diversamenteabili(uno dei tanto nomi che ci hanno affibbiato). Niente di più sbagliato! Anche se noi disabili non siamo un articolo che interessa molto, abbiamo comunque desideri sessuali e voglia di trovare una compagna;per il sesso ognuno s'arrangia come può(c'è chi guarda i porno,chi si affida al detto ''chi fa da se fa per tre'' e chi si rivolge alle esperte del settore),certo non sarà mai come fare sesso con una persona che ti desidera ma meglio di niente. Per l'amore invece il discorso cambia,per quanto un disabile si riempia di amici la mancanza di un tipo di affetto più intimo e la voglia di avere una persona al fianco si fanno sentire,eccome!

martedì 13 aprile 2010

Vita e amore oltre le barriere


Padova, manifesti-provocazione. Baci e abbracci, è l’amore down

Affissioni in tutta la città con lo slogan: «E perché noi no?» L’associazione Dadi: diritto a sessualità e affettività per i disabili. (19 marzo 2010)


Una casa, un amore, la vita di coppia e anche il 
sesso. «Perchè noi no?», chiedono i ragazzi down padovani. Anzi lo strillano da manifesti e videowall che da qualche giorno tappezzano le fermate del tram e dei bus e le piazze di Padova. Un abbraccio affettuoso, un bacio tra Davide Trolese e Alessia Favaro, che sono fidanzati: questa l'immagine - provocazione ideata dall'associazione Dadi (Down, autismo e disabilità) per fare riflettere sul diritto all'autonomia e alla sessualità di quei ragazzi «con un cromosoma in più». Prima iniziativa di questo genere in Italia, l'«affissione- effusione» è stata realizzata in collaborazione con Aps Advertising, Provincia e Comune di Padova. La foto è di Ruggero Cherubini. E l'immagine di una casa vera, una coppia vera, un bacio autentico, evoca relazione, affetto, autonomia, esattamente ciò per cui da anni si batte l'associazione Dadi. «La vita integrata è un diritto per tutti - fa notare Patrizia Tolot, vicepresidente associazione Dadi - . Lavoriamo per dare loro una vita normale e la possibilità di stare insieme come qualsiasi altra coppia. Si pensa che i ragazzi down siano eterni bambini, invece abbiamo imparato proprio da loro le tappe del percorso di crescita, i bisogni e i sentimenti».
Davide Trolese, 
ballerino, attore, perfino guida turistica, spiega molto chiaramente stringendo a sè la sua Alessia: «Per noi stare insieme, in una cucina, in una casa, volerci bene senza barriere è l'affettività prima di tutto. Essere fidanzati non è solo sesso, ma essere una coppia». E i ragazzi padovani stanno portando avanti un progetto unico in Italia: «House & Work», percorsi di autonomia in tre case dove vivono a gruppi alternati, seguiti da operatori, imparando a cucinare, fare la spesa, gestire un alloggio, volersi bene. Sì, perchè oltre all'autonomia, i ragazzi, seguiti da Angelo Lascioli, psicopedagogista dell'Università di Verona, sperimentano un percorso di educazione alla sessualità, «accompagnati» nella relazione di coppia. «E' un progetto pilota - chiarisce Patrizia Tolot - da cui nascerà un libro del professor Lascioli e anche un film sull'esperienza dei ragazzi di Padova».

tratto da 
corrieredelveneto.corriere.it

domenica 7 marzo 2010

Le ruote magiche

Anima ed inchiostro

Raccontare la disabilità con un fumetto


Sconfiggere i pregiudizi e le barriere a colpi di matita, questo l’obiettivo di un gruppo di giovani disegnatori, che hanno deciso di raccontare il delicato mondo della disabilità con un manga, un fumetto dallo stile tipicamente giapponese; il team di giovani fumettisti, invece, è tutto italiano, guidato da Wish, a dispetto del nome d’arte, pistoiese DOC, professionista nel campo del fumetto. Wish, che ha soggiornato a lungo a Tokyo, e ha insegnato in alcune scuole internazionali per fumettisti, spiega che il progetto de Le ruote magiche,questo il nome del fumetto,intende << mettere i lettori nei panni di una persona portatrice di handicap,trasmettendo tutte le difficoltà e i problemi quotidiani che chiunque in tale condizione è costretto ad affrontare. >>
Ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza il prezioso contributo di Ileni Schofield, studentessa quindicenne italo-inglese: è stata lei, infatti, a dare vita a questo grande progetto, plasmando, in modo brillante, l’idea di un manga che raccontasse la disabilità,condizione che Ileni conosce bene,dal momento che convive, fin da piccola, con la diplegia.
<< L'idea >> Spiega Patrizia Panetta Schofield,madre di Ileni,<< nasce anche dal desiderio di mia figlia di combattere e contrastare gli stereotipi, e l’aridità di quei modelli che esaltano i canoni di una falsa perfezione, relegando in un angolo chi non rientra in essi. Questa cultura incapace di accettare la diversità e di considerarla un valore, è molto visibile e diffusa ,e dovrebbe essere combattuta ogni giorno anche dalla scuola e dagli insegnanti. >>
La trama de Le ruote magiche rientra del filone dei manga cosiddetti bishojo, ovvero storie di eroine guerriere dotate di poteri sovrannaturali,che combattono il male difendendo i più deboli;in questo caso però,cosa molto interessante e originale,il ruolo dell’eroina è ricoperto da una giovane ragazza disabile,Emi. Nel primo episodio,on-line sul sito web (www.leruotemagiche.it) ,vediamo Emi alle prese con delle dispettose compagne di classe, che vogliono escluderla a tutti i costi dalle loro feste esclusive; la dolce Emi verrà poi consolata e confortata dall’amica,vicina di casa ed insegnate di musica, Gaia, e infine si troverà perplessa di fronte al proprio regalo di natale, una sedia a ruote, che la renderà più indipendente ma, lei teme, la farà sembrare ancora più diversa. Quel che Emi ancora non sa, è che ben presto dovrà affrontare un’importante missione:si ritroverà per le mani un misterioso vaso,proveniente dal leggendario regno di Mu, e sarà proprio lei a dover compiere un antica profezia, ricoprendo il ruolo di eroina predestinata, e trovando finalmente il proprio posto nel mondo. Dunque aspettiamo con ansia i prossimi episodi, di quella che sarà, senza dubbio, un’opera destinata a rivoluzionare il mondo del fumetto.